La gente è di piú
Giorgio gabercon una madre quasi suora o meglio ancora
con un padre affascinante e forte
un figlio di famiglia media cresce quasi normale
per recitar la solita commedia dell'amor filiale.
È facile pensare
che nella prima adolescenza la sua esistenza
fosse beata e abbandonata a quella suora da baciare
più tardi solo i padri son perfetti sono i nostri dèi
e come accade a tutti voleva esser come lui.
Ma non è dell'infanzia che si vuol parlare
ma piuttosto del cuore
di quei turbamenti segreti che non sai decifrare
la gente è di più, la gente è di più.
Un figlio che sta male
un figlio già cresciuto e insofferente ad ascoltare
un padre intollerante e sempre più banale
un figlio che ascolta sua madre, i suoi soliti pianti
e poi la notte sotto le lenzuola i suoi baci sgomenti.
Sarà un malessere vitale
o la natura che reagisce, pian piano cresce
un odio di pensiero e al tempo stesso viscerale
un odio per il padre, un insensato furore così antico e forte
che a tratti vorrebbe addirittura la sua morte.
Ma non è della rabbia che si vuol parlare
ma piuttosto del cuore
di quelle emozioni insensate che non sai contenere
la gente, la gente, la gente è di più
la gente, la gente, la gente è di più.
Un figlio ormai lontano
un uomo adulto che ha di fronte il suo presente
un ritorno in famiglia, un sentimento strano
un uomo di coscienza media, come un fatto normale
va a recitar la solita commedia dell'amor filiale.
L'esagerata indignazione
l'insofferenza e la fatica di una vita
poi d'un tratto trovarseli vecchi, che sensazione
un attimo per farsi perdonare e per dirsi addio
con i capelli bianchi e la dolcezza dell'oblio.
Ma non è dalla morte che vi suol parlare
ma piuttosto del cuore
di quell'accattone di affetto così lento a capire
la gente, la gente, la gente è di più
la gente, la gente, la gente è di più
la gente, la gente è di più
la gente, la gente è di più.
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